Anni fa, quando ero in Spagna a fare il tirocinio, ebbi l’opportunità di frequentare un corso di mediadores juveniles en actividades de prevención. Quel corso non era previsto durante l’attività di tirocinio ma l’ente presso il quale facevo pratica ci disse che chi voleva poteva farlo e io non mi feci scappare l’occasione; difatti fu molto arricchente: si parlò dell’ascolto attivo e scoprii una poesia che mi restò davvero impressa. La poesia si chiama Solo te pido que me escuche (Ti chiedo solo di ascoltarmi, tradotta in italiano con Quando ti chiedo di ascoltarmi); a volte la trovo firmata con il nome di Richard o’ Donnell, altre volte con il nome di Irene Whitehill… ammetto di non sapere chi dei due sia l’autore.
Ad ogni modo, all’epoca lavoravo già con bambini e adolescenti e fu proprio grazie a loro che decisi di migliorare le mie capacità di ascolto e di comunicazione, pur avendo già una laurea in questo settore, infatti molti sottovalutano l’ascolto – pensando che l’unico modo per chiarirsi le idee sia quello di chiedere suggerimenti; parallelamente, chi dovrebbe solo ascoltare si ritrova spesso a far sentire l’altro inadeguato, giudicandolo addirittura per le sue emozioni. Niente di più sbagliato, proprio come dice la poesia:
“Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu inizi a dirmi perché non dovrei sentirmi in quel modo,
stai calpestando i miei sentimenti.”

Esiste una cosa che si chiama maieutica (la maieutica socratica), che è la capacità di portare l’altro a trovare da solo la propria verità. L’ascolto attivo aiuta esattamente in questo, infatti è proprio quando nessuno ti dà consigli, proprio quando nessuno interpreta le tue parole, proprio quando una persona ti ascolta (e quindi ti accoglie) per quello che sei, che tu riesci a sentirti libero e a trovare la tua verità. Libero dai giudizi, libero dai ruoli… libero dal dover soddisfare le aspettative altrui.
Perché molti non sanno ascoltare? Perché non sanno accogliere! Difatti, l’ascolto attivo è accoglienza pura – e posso dire che non l’ho visto quasi mai: tutti hanno la presunzione di sapere cosa sia meglio per te, senza rendersi conto che certe parole anziché aiutare confondono e che certi consigli non richiesti non andrebbero proprio dati, prima di tutto perché il seguirli potrebbe essere rischioso se la persona è in difficoltà, e in secondo luogo perché i consigli non richiesti tolgono potere a chi li riceve.

Dobbiamo tornare a fidarci del potere personale di ognuno di noi, non solo del nostro ma di quello altrui, smettendola di metterci su un piedistallo a dire “Apri un asilo, vattene in costa Rica, torna in Spagna” ecc.
Proprio perchè ho vissuto sulla mia pelle la bruttezza delle relazioni d’aiuto basate su questa presunzione, su questi consigli non richiesti, proprio perchè ho pagato (ahimé) fior di quattrini per farmi “aiutare” da persone che anziché ascoltarmi facevano tutt’altro, ho deciso di offrire io questo servizio: un servizio di ascolto attivo basato sui sani principi del counseling rogersiano, perchè l’ascolto attivo – se fatto bene – è terapeutico e chiarificatore. E perchè penso che ce ne sia un gran bisogno!
Ecco la pooesia:
Quando ti chiedo di ascoltarmi
Quando ti chiedo di ascoltarmi
e tu cominci a darmi consigli,
non hai fatto ciò che ti ho chiesto.
Quando ti chiedo di ascoltarmi
e tu inizi a dirmi perché non dovrei sentirmi in quel modo,
stai calpestando i miei sentimenti.
Quando ti chiedo di ascoltarmi
e senti che devi fare qualcosa per risolvere il mio problema,
mi hai ingannato, per quanto strano possa sembrare.
Ascolta, tutto ciò che ti chiedo è di ascoltarmi, non che tu faccia o dica qualcosa, solo che mi ascolti.
Consigliare è facile ma posso farcela da solo. Posso essere scoraggiato o in difficoltà ma non sono un incapace.
Quando fai per me quello che potrei fare da solo e di cui non ho bisogno, contribuisci solo alla mia insicurezza
ma quando accetti semplicemente che ciò che sento mi appartiene, anche se sembra irrazionale,
allora non devo più cercare di fartelo comprendere e posso iniziare a scoprire cosa c’è dentro di me.
E quando questo è chiaro, le risposte sono ovvie e non ho bisogno di consigli.
I sentimenti irrazionali acquistano senso quando capiamo cosa c’è dietro di essi,
quindi per favore ascolta, ascolta e basta, e se vuoi parlare, aspetta un minuto… ti ascolterò.
(Questa poesia /lettera la trovo attribuita
a volte a Irene Whitehill, altre volte a Richard o’ Donnell.
Online ci sono versioni leggermente diverse di questo testo)
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