Un po’ di anni fa vivevo in un paesino insieme al mio cane (che si chiamava Speranza; fu lui ad ispirarmi il nome di questo sito).
All’epoca ancora fumavo; una sera ero fuori al bar a fumare e una psicoterapeuta stava parlando di una sua paziente che più di una volta aveva disdetto l’appuntamento il giorno stesso della seduta. “Tanto l’appuntamento lo paga lo stesso!”
Ora: se una persona disdice l’appuntamento all’ultimo momento, quando ti sei già organizzata l’agenda, quando hai detto di no a qualcun altro per dedicare la tua ora a lei e magari ti sei fatta anche due conti sui soldi che ti rientrano, è giusto – secondo me – far pagare l’ora o parte di essa (anche io, se mi disdicono la lezione all’ultimo momento, trattengo una quota) ma il motivo che adduceva la dottoressa non era questo… lei infatti disse: “io faccio pagare l’ora perché spesso i pazienti hanno delle resistenze”.

Ora, so che forse mi attirerò le antipatie degli psicologi e degli psicoterapeuti ma a me questo ragionamento sembra un po’ fuori luogo. Voglio dire: mettiamo caso che sia così, mettiamo caso che questa persona abbia davvero delle resistenze al cambiamento… tu pensi davvero che facendole pagare l’appuntamento a cui non è venuta la aiuti a fargliele passare?
E poi… siamo sicuri che se una persona non vuole (o non può più) andare in terapia è perché ha una resistenza? E se fosse il tuo metodo a non essere in linea con il paziente? E se fosse che non c’è sintonia e che questo paziente non sa come dirtelo?
Invece no: appena succede qualcosa ti dicono che hai la resistenza al cambiamento; insomma: è sempre colpa tua!

Poco tempo fa ho scritto un articolo sull’autosabotaggio dove dicevo che autosabotaggio e resistenza al cambiamento sono la stessa cosa (anche se, per puntualità e precisione – e visto che insegno italiano ho il dovere di essere precisa – queste due espressioni hanno sfumature di significato differenti: infatti, se l’autosabotaggio ha a che fare più con il conflitto interiore, la resistenza al cambiamento è proprio – appunto – una forza, una resistenza).

Io, personalmente, non sopporto l’espressione “resistenza al cambiamento”, esattamente come inizio a dubitare delle cose quando entrano nella bocca (e addirittura nella presunta competenza) di tutti; infatti al giorno d’oggi chiunque – pensando di sapere cosa sia meglio per te – si prende il diritto di dirti che hai una resistenza al cambiamento. Il problema è che si tratta quasi sempre di una resistenza a quel cambiamento che lui – lei- loro vogliono per te.
Voglio dire: una persona – come ad esempio la psicoterapeuta di cui ho parlato prima – pensa che fare la cosa A ti faccia bene; tu invece senti che non è così, senti che per te sia meglio fare la cosa B. E cosa ti dice codesta persona?? Che hai una resistenza al cambiamento.
Ma di quale cambiamento stiamo parlando? E perché devono essere sempre gli altri a “sapere” cosa sia meglio per noi?

Ma la cosa peggiore, come ti ho già mostrato con l’esempio della dottoressa, è che spesso quelli che ti dicono che hai una resistenza sono proprio coloro che lavorano nella relazione d’aiuto e che hanno interpretato il tuo comportamento in quel modo, anche quando in realtà non è così. Una volta mi è successo che una facilitatrice in discipline olistiche ed energetiche, dopo aver fatto un lavoro insieme, mi consigliò di fare un certo tipo di ricerca. Io la feci ma un giorno sentii che non volevo più andare avanti.
A quel punto lei mi rispose – si permise di rispondermi – che io avevo una resistenza al cambiamento e invece… sai cosa è successo dopo? Accadde che quella situazione – chiamiamolo “problema” – che lei voleva farmi risolvere con la sua proposta si risolse da solo proprio in quei giorni. Cioè: io non avevo bisogno di proseguire quell’attività, ecco perché non la volevo più fare! Altro che resistenza al cambiamento!
A volte, infatti, quell’apparente resistenza è un modo che l’intuito ha per dirti che quella cosa non ti serve o che non va bene per te! E invece di pensare che il cliente – paziente sia una persona di poco coraggio bisogna che i terapeuti / facilitatori si mettano un po’ in discussone e che abbiano un atteggiamento un po’ più umile.
Autrice: © dott.ssa Dhyana Cardarelli – Verde speranza blog (www.verdesperanza.net). Tutti i diritti riservati. E’ severamente vietato riprodurre qualsiasi testo del blog altrove – anche modificando le parole – senza citare la fonte.
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